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Nel nostro ordinamento esiste un principio molto semplice in tema di responsabilità: chi cagiona un danno è obbligato a risarcire il danneggiato. Il rigido principio del “chi rompe paga” è attenuato dalle ipotesi in cui il fatto dannoso sia dovuto al caso fortuito o alla forza maggiore. In dette ipotesi è esclusa la responsabilità dell’agente. Non di rado accade che caso fortuito e forza maggiore vengano utilizzati indistintamente e siano sinonimo l’uno dell’altro: questo è errato nonostante entrambi i concetti in ogni caso assolvano la medesima funzione di escludere potenzialmente la responsabilità.
Troppo spesso la forza maggiore è un concetto che viene sovrapposto a quello di caso fortuito, ma così non è. La forza maggiore è la vis maior cui resisti non potest, cioè un evento imprevedibile ed inevitabile al quale l’agente non può oggettivamente resistere.
Per tale motivo, dell’evento dovuto alla forza maggiore, non può essere chiamato a rispondere l’agente il quale andrà esente da responsabilità. Si pensi ad esempio ad una forte raffica di vento che provoca la caduta di un soggetto addosso ad un altro: in questa dinamica si è inserita una forza estranea alla quale il primo soggetto non si è potuto opporre.
Il caso fortuito si ha quando ci si trova difronte ad un evento imponderabile, imprevisto e imprevedibile, che si inserisce improvvisamente nell’azione del soggetto e che da esso non può essere governato.
In altri termini, l’agente, pur volendo, non può impedire il verificarsi di un evento dovuto al caso fortuito. Volendo essere poco tecnici, il caso fortuito è sinonimo della fatalità. Proprio per questo motivo, l’evento dovuto al caso fortuito non può essere imputato all’agente, il quale sarà esente da responsabilità.
Per fissare bene il concetto di caso fortuito è bene riportare un esempio.
La Corte di Cassazione, nel 2017, si è pronunciata in tema di responsabilità del condominio per allagamento della cantina. Nella sentenza si è evidenziato come il malfunzionamento dell’impianto fognario dell’immobile è un evento irrilevante, in quanto l’allagamento è dovuto ad un evento atmosferico (un temporale) di carattere eccezionale. In questo caso, stante l’eccezionalità e l’imprevedibilità dell’evento, non è stato possibile configurare alcun tipo di responsabilità per danni in capo al condominio.
L’art. 2051 cod. civ. prevede che il custode è responsabile per i danni cagionati a terzi dai beni che custodisce, salvo che provi il caso fortuito.
Il custode è un concetto ampio che ricomprende coloro che sono titolari di una disponibilità effettiva e non occasionale di un bene, e sono in grado di governarla ed eliminare possibili rischi. Dalla norma si ricava una presunzione di colpevolezza del custode il quale ha come unica via d’uscita l’assolvimento dell’onere probatorio in ordine al caso fortuito.
Il danneggiato dovrà provare il rapporto di custodia e il nesso causale tra il bene in custodia e l’evento lesivo. La prova del nesso causale è stata oggetto di dibattito. In origine, il nesso causale doveva essere provato mediante la dimostrazione delle potenzialità lesive del bene valutate alla stregua del normale utilizzo della cosa.
In altre parole, si rendeva molto difficile la prova del nesso causale quando il danno derivava da un bene inerte (ad esempio lo scoppio di una caldaia). Di recente, l’orientamento giurisprudenziale è cambiato, ampliando il novero degli elementi utili a provare il nesso di causalità: dinamismo interno alla cosa ovvero agenti esterni che rendono il bene inerte, di per sé potenzialmente pericoloso.
Il custode, invece, dovrà provare che il danno è dovuto ad un evento imprevedibile ed inevitabile che inserendosi nella continuità causale, la interrompe. Originariamente era data la possibilità di provare l’interruzione del nesso causale tramite la dimostrazione dell’osservanza dell’obbligo di vigilanza.
Dato che la funzione della norma è quella di imputare la responsabilità in capo a chi ha la possibilità di governare i rischi del bene, è apparso troppo semplice permettere di escludere la responsabilità con la sola prova dell’assolvimento della vigilanza. Per questo motivo s’impone di provare il caso fortuito.
Ne deriva che il custode dovrà provare di un fattore estraneo, caratterizzato da imprevedibilità ed inevitabilità, da solo sufficiente a produrre l’evento dannoso. È bene precisare che l’evento – come innanzi descritto – dev’essere idoneo ad interrompere totalmente il nesso causale. Infatti, un’interruzione parziale darebbe adito solo ad una diminuzione della responsabilità.
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