Separazione giudiziale. Cos’è e quali sono le fasi

Cosa è la separazione giudiziale

La separazione giudiziale è il procedimento promosso da uno dei coniugi in contrasto con l’altro con il quale si ottiene una sentenza di separazione e si verifica quando si realizzano dei fatti, anche indipendenti dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, tali da rendere intollerabile la convivenza o da recare pregiudizio all’educazione dei figli.

Intollerabilità della convivenza

La separazione giudiziale, secondo il vecchio testo dell’art. 151 del Codice Civile, poteva essere ottenuta da un coniuge solo adducendo una “colpa” dell’altro, che doveva consistere in una delle cause elencate nel testo allora vigente del codice (adulterio, sevizie, minacce, violenze, ingiurie gravi, condanna a pene per reati gravi, volontario abbandono, eccessi, mancata fissazione della residenze o fissazione di una residenza con convivente).
Non era ammessa una domanda di separazione fondata sul solo fatto di non voler più continuare la vita in comune.
Il nuovo testo dell’art. 151 del Codice Civile consente di chiedere la separazione nel caso in cui la prosecuzione della convivenza sia diventata “intollerabile” (per entrambi o per uno solo di essi) o tale da “recare grave pregiudizio all’educazione della prole”.
Questi presupposti possono verificarsi “indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi”.

Molto si è discusso su cosa intenda il legislatore con il termine “intollerabilità della convivenza”:

  1. tesi minoritaria: l’intollerabilità è stata causata dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio.
  2. tesi prevalente: l’intollerabilità può derivare anche da situazioni indipendenti da violazioni di obblighi coniugali (ad esempio incompatibilità di carattere o nelle abitudini e modi di vivere).

Esemplificando la separazione può essere chiesta quando la frattura del rapporto coniugale dipenda da disaffezione e distacco spirituale anche di una sola delle parti e nonostante l’altro coniuge abbia assunto un atteggiamento di accettazione e disponibilità che può trovare spiegazione nel tentativo di recuperare il rapporto.
Le situazioni di intolleranza della prosecuzione della convivenza e di pregiudizio per la prole si verificano anche  quando non risulti che i coniugi hanno avuto un comportamento volontariamente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio ma è semplicemente venuta meno l’affezione tra i due che esprimono l’intenzione di non voler più condividere la comunanza di vita che richiede il matrimonio.
Anche il fallimento del tentativo di conciliazione e la elevata conflittualità delle parti costituiscono elementi idonei a rilevare la presenza di una situazione di intollerabilità.

L’addebito della separazione

 Nel caso in cui il fallimento della vita in comune sia da ricondurre a comportamenti contrari ai doveri che derivano dal matrimonio da parte di uno dei coniugi, il giudice, se gli viene richiesto, può dichiarare nella sentenza a chi sia addebitabile la separazione.
La pronuncia di addebito comporta degli effetti di ordine patrimoniale ed economico: al coniuge che sia dichiarato responsabile della separazione non può, infatti, essere attribuito l’assegno di mantenimento ma, se ricorrono i presupposti, gli può solo essere riconosciuto il diritto agli alimenti.
Il coniuge cui sia stata addebitata la responsabilità della separazione vede limitati anche i suoi diritti successori nei confronti del patrimonio dell’altro coniuge.

Competenza

 Per la domanda di separazione dei coniugi è competente il Tribunale:

  • del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi;
  • in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio;
  • del luogo di residenza o domicilio del ricorrente, qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile e, se anche questi è residente all’estero, qualunque tribunale della Repubblica.

La competenza è inderogabile in quanto nel procedimento è previsto l’intervento obbligatorio del pubblico ministero, il quale, in ogni fase del procedimento, può produrre prove nuove, avanzare richieste e addirittura impugnare la sentenza se lede gli interessi dei figli.

Forma della domanda e fase presidenziale

 La domanda di separazione  si propone con ricorso.
Il ricorso deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali si fonda la domanda, la dichiarazione sull’esistenza di prole e devono essere allegate le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni dei due coniugi (possibilmente gli ultimi tre anni).
Il Presidente del Tribunale accoglie il ricorso e, nei cinque giorni successivi al deposito dello stesso, fissa con decreto:

  • la data (entro novanta giorni dal deposito del ricorso) dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé;
  • il termine per la notificazione del ricorso a cura del coniuge che l’ha promosso e del decreto al coniuge convenuto;
  • il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare la memoria difensiva e i documenti.

L’udienza di comparizione si svolge davanti al Presidente del Tribunale (questa è la prima delle due fasi in cui si divide il processo di separazione) e devono comparire obbligatoriamente e personalmente i coniugi con l’assistenza dei rispettivi legali.

Si possono verificare due situazioni “anomale”:

  1. il coniuge che ha promosso la separazione non si presenta: il Presidente dichiara estinto il processo per rinuncia degli atti.
  2. non compare il coniuge convenuto: il Presidente dovrà fissare una nuova udienza ed eventualmente decidere con ordinanza le questioni urgenti che non possono essere rimandate all’udienza successiva.

Se entrambi i coniugi compaiono all’udienza il Presidente tenta la conciliazione cercando di far desistere le parti dal separarsi: se si accordano e si riconciliano viene redatto processo verbale e la causa si estingue.

Se la conciliazione non riesce, nomina il giudice istruttore e fissa udienza di comparizione e trattazione davanti a quest’ultimo.

Fase davanti al Giudice Istruttore

 La seconda fase del processo di separazione si svolge davanti al Giudice Istruttore ed è simile ad un processo ordinario con la differenza che il giudice non può tentare nuovamente la riconciliazione e può assumere d’ufficio nuove prove relative alla prole.
Nel caso in cui, oltre all’istanza di separazione, ci siano altre questioni da trattare (divisione del patrimonio ecc.) il giudice può emettere una sentenza non definitiva di separazione con la quale sentenzia immediatamente la separazione e fa proseguire la causa solo per risolvere le residue questioni.
Il giudizio si conclude con una sentenza di separazione emessa dal Tribunale che può essere impugnata come una sentenza ordinaria (ossia può essere richiesta una rivisitazione della sentenza ad altro giudice).

Provvedimenti

 Il Presidente dà con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei figli (affidamento) e dei coniugi (assegnazione dell’abitazione e mantenimento del coniuge), nomina il giudice istruttore, fissa il giorno in cui si terrà l’udienza davanti allo stesso giudice istruttore, fissa il termine entro il quale il coniuge convenuto si deve costituire se non lo ha già fatto partecipando all’udienza di comparizione.
L’ordinanza è immediatamente esecutiva (cioè costituisce un titolo per attivare l’esecuzione forzata, ossia un procedimento per la soddisfazione dei diritti del coniuge), modificabile e revocabile in ogni momento con successiva ordinanza del giudice istruttore, è appellabile in ogni momento con reclamo presso la Corte d’Appello.   
Il Tribunale emette sentenza relativa alla separazione, che può essere anche non definitiva nel caso in cui il processo deve continuare per la definizione delle questioni economiche e di quelle relative alla richiesta di addebito e all’affidamento dei figli.
Con particolare riferimento ai provvedimenti relativi ai figli, il d.lgs. 154/2013 ha introdotto un insieme di norme uniche e comuni per i rapporti genitoriali: i nuovi artt. da 337 bis a 337 octies dettano delle regole di riferimento in materia di separazione e di rapporti tra genitori e figli.

Queste le principali novità:

  1. affidamento ad un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso;
  2. assegnazione della casa coniugale in base al titolo di proprietà e agli accordi economici e valutato l’interesse dei figli;
  3. obbligo dell’ascolto del minore, salvo il caso in cui sia superfluo o dannoso per lo stesso;
  4. obbligo di mantenimento dei figli minori e maggiorenni se non autosufficienti economicamente.
     

Revisione delle condizioni di separazione

 Le statuizioni contenute nella sentenza di separazione possono essere, in qualsiasi momento, per giustificati motivi, revocate o modificate dal tribunale su istanza di uno o di entrambi i coniugi.
Alcuni esempi sono da ricondurre al caso di sopravvenute ulteriori necessità economiche del coniuge titolare del diritto all’assegno, o viceversa, di miglioramento della sua condizione economica, o di variazione di quella del coniuge obbligato.
Nella stessa misura i provvedimenti relativi ai figli sono sempre modificabili sia per quanto riguarda il loro affidamento), sia relativamente all’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi  e delle eventuali disposizioni in materia di misura e modalità del contributo.
L’assegno di mantenimento, sia a favore dell’altro coniuge sia a favore dei figli, è rivalutato annualmente secondo gli indici Istat.