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Congedo parentale, cambia tutto: indennità anche quando viene goduto dopo i 6 anni del figlio. Ecco come funziona oggi e quali novità sono in arrivo.
Il congedo parentale cambia nel 2022: nuove regole per durata e importi vengono introdotte da due decreti legislativi – approvati dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando – con i quali vengono recepite le direttive europee.
Il congedo parentale è uno di quegli strumenti riconosciuti al lavoratore subordinato, sia padre che madre, per soddisfare i bisogni affettivi e relazionali del figlio nei primi anni di vita. Per questo motivo il congedo parentale viene riconosciuto in relazione a una nuova nascita, o comunque in caso di figli adottati o in affido preadottivo.
Nel dettaglio, per questi vi è la possibilità di godere di un periodo di astensione dal lavoro che – a differenza del congedo di maternità e di quello di paternità – viene retribuito solamente in determinate circostanze e comunque non oltre la misura del 30% dello stipendio normalmente percepito.
Ci sono due modi per fruire del congedo parentale: a giorni oppure a ore, come previsto dalla legge 228/2012 (ossia la Legge di Stabilità per il 2013). In periodo di Covid poi sono state previste altre tipologie di congedo parentale, ma solamente durante l’emergenza.
Le regole applicate fino a oggi, però, stanno per cambiare vista l’approvazione dei decreti legislativi suddetti. Novità che dovranno essere recepite dall’Inps per essere operative, ma che possiamo andare ad analizzare così da capire quali sono i punti della normativa che sono stati modificati.
Congedo parentale 2022: le novità
La novità più importante è sicuramente quella che interessa l’indennità riconosciuta nei giorni coperti dal congedo parentale. Pari al 30% della retribuzione, questa oggi spetta solamente nei primi 6 mesi di congedo e solo quando questo viene usufruito nei primi 6 anni del figlio. Tra i 6 e gli 8 anni, invece, il congedo parentale viene pagato solo in presenza di determinate condizioni.
Ebbene, la novità è quella per cui il congedo parentale sarà pagato anche quando goduto tra i 6 e i 12 anni del figlio, indipendentemente dal reddito del lavoratore che lo richiede.
La durata del periodo indennizzabile, inoltre, sale da 6 a 9 mesi.
Altra novità è quella che estende il diritto al congedo parentale per il genitore solo, che passa da 10 a 11 mesi.
Come anticipato, però, affinché queste novità diventino operative bisognerà attendere il recepimento delle norme da parte dell’Inps.
Ad oggi, dunque, dobbiamo attenerci ancora a quanto stabilito originariamente dalla normativa sul congedo parentale. A tal proposito, vediamo come funziona questo strumento, analizzando tutto quello che c’è da sapere: dalla retribuzione al numero i giorni di permesso, sino alla possibilità di goderne non per tutta la giornata ma solo per qualche ora.
Congedo parentale: cos’è e come funziona oggi
Il congedo parentale è lo strumento con cui l’ordinamento permette a un genitore di soddisfare i bisogni affettivi e relazionali del bambino quando queste esigenze sono impedite dallo svolgimento di un’attività lavorativa; consiste in un periodo di astensione facoltativa dal lavoro, retribuito solamente in determinati casi.
Dopo la conclusione del congedo di maternità-o di quello di paternità, quindi, il lavoratore ha a disposizione altri giorni di permesso da poter utilizzare per dedicarsi ai bisogni del figlio. L’importante è che – come ricordato dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza – il lavoratore non si approfitti del congedo per svolgere altre mansioni; in presenza di un abuso del diritto, infatti, il dipendente potrebbe andare incontro al licenziamento.
A tal proposito sono molte le domande che i lavoratori si pongono in merito al congedo parentale, tra cui quanti giorni spettano e come sono retribuiti i permessi. Inoltre sono necessari dei chiarimenti su quando e come fare richiesta del congedo parentale: ad esempio, molti non sanno che bisogna dare un preavviso al proprio datore di lavoro, entro il tempo stabilito dal CCNL di riferimento.
La normativa riguardante il congedo parentale è molto ampia e per questo può risultare complessa. Grazie alle informazioni fornite dall’Inps, però, possiamo fare chiarezza su tutti gli aspetti legati al permesso parentale.
Congedo parentale: giorni di permesso
Il congedo parentale spetta a entrambi i genitori per ogni bambino fino al compimento del 12° anno. La somma dei giorni di permesso usufruiti dal padre e dalla madre, però, non può essere superiore a 10 mesi, che possono salire ad 11 qualora il padre usufruisca di almeno 3 mesi di permesso.
I giorni di permesso spettanti variano sia in base al tipo della propria occupazione che da quella dell’altro genitore.
Ecco nel dettaglio quanto spetta per legge:
- madre dipendente: 6 mesi;
- padre dipendente: 6 mesi, elevabili a 7 se questo si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi. Il padre può usufruire dei giorni del congedo parentale anche nel periodo in cui la madre usufruisce del congedo di maternità;
- genitore solo: 10 mesi;
- lavoratori iscritti alla gestione separata INPS: 3 mesi entro il 1° anno di vita del figlio;
- lavoratrici autonome: 3 mesi entro il primo anno di vita del bambino.
Possono usufruire del congedo parentale anche i lavoratori dipendenti che adottano un bambino. I giorni di permesso spettano nella stessa misura prevista per i genitori naturali, quindi ne possono usufruire entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia.
Bisogna specificare però che il congedo parentale decade al compimento della maggiore età del figlio adottivo.
Congedo parentale anche a ore
Dal 2013 è consentita la fruizione oraria dei congedi parentali. Il che significa che, fino al compimento degli otto anni del bambino, invece di perdere un’intera giornata lavorativa, il genitore potrà richiedere di assentarsi per alcune ore per poi ritornare al proprio posto di lavoro.
La novità, introdotta per andare incontro alle famiglie, consente di utilizzare i congedi in modo più flessibile rispetto ai permessi lavorativi e inoltre permetterà anche di ammortizzare in modo più equilibrato la retribuzione ridotta che si percepisce durante i periodi di congedo parentale.
Per accedervi sarà necessario il solito preavviso a seconda delle disposizioni stabilite dai vari contratti collettivi nazionali.
Richiesta congedo parentale: come fare domanda
È bene ricordare che la domanda per il congedo parentale va presentata prima dell’inizio del periodo di congedo richiesto. Questo perché vengono pagati solamente i giorni di congedo fruiti successivamente alla presentazione della domanda.
La domanda va presentata all’Inps ma è il datore di lavoro ad anticipare l’importo dell’indennità. Nel dettaglio, il metodo consigliato per l’invio della richiesta è di farlo online (solo se in possesso di Spid, CIE o CNS) tramite il servizio telematico disponibile sul sito Inps (clicca qui e poi seleziona “Invio della domanda” che si trova in fondo alla pagina).
In alternativa la domanda può essere presentata tramite call center al numero verde Inps 803 164 o a quello a pagamento 06 164 164 per chi chiama da rete mobile; ricordate che potete anche rivolgervi ad un patronato con gli intermediari dell’istituto che vi assisteranno nella procedura telematica.
Per quanto riguarda il congedo parentale ad ore, invece, si rimanda alla circolare Inps 152/2015.
Licenziamento per chi non rispetta le regole
È molto importante che i genitori durante il periodo di astensione dal lavoro si dedichino per la maggior parte del tempo alla cura del figlio. Chi si approfitta del congedo parentale, infatti, può essere persino licenziato.
Lo sa bene un papà abruzzese per il quale la Corte di Cassazione – con la sentenza n°509 del 2018 – ha confermato il licenziamento predisposto dalla società automobilista dove era impiegato dopo aver rilevato che nei 10 giorni di congedo parentale non aveva svolto alcuna attività in favore del figlio per oltre la metà del tempo.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il genitore non può utilizzare i giorni di permesso del congedo parentale per occuparsi di altre mansioni che siano differenti dalla cura del figlio.
È importante che la finalità del congedo venga rispettata dal momento che – sostiene la Corte di Cassazione – “ciò che conta non è tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio quanto piuttosto quello che invece non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore”.
Articolo tratto da Money.it